Concorso di persone nel reato e comparazione con differenti ordinamenti.
- il concorso nel reato (art. 110 c.p.)
- reato a concorso necessario e reato a concorso eventuale
- reati plurisoggettivi propri e impropri
- concorso del soggetto esterno nel reato a concorso necessario
- elemento soggettivo
- concorso materiale e concorso morale
- concorso anomalo ed elemento soggettivo
- desistenza volontaria
- reati a concorso necessario propri e impropri
- il concorso di persone nel reato proprio
- reati propri esclusivi e non esclusivi
- concorso omissivo
- concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso
- concorso del capomafia
- connivenza non punibile
- favoreggiamento personale
- distinzione dei reati al fine di determinare il momento in cui un reato è stato consumato
- reato permanente e favoreggiamento
- comparazione con gli ordinamenti inglese, francese e tedesco
- Regno Unito (Complicity in crime)
- Francia (complicité)
- Germania (Teilnahme)
Italia
Il concorso nel reato (art. 110 c.p.)
[ torna al sommario ]
Le norme penali prevedono e puniscono azioni che possono essere compiute sia da individui singoli sia da un insieme di persone che si condizionano moralmente o si aiutano materialmente nel porre in essere il fatto criminoso. L’art. 110 del codice penale stabilisce: “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita […]”. Il concorrente viene non soltanto punito quando lo stesso abbia partecipato in qualità di coautore (ovvero come soggetto tra gli esecutori materiali del reato, ponendo in essere la fattispecie tipizzata dal codice penale) alla perpetrazione del delitto ma anche quando abbia fornito un contributo causale atipico alla commissione dello stesso. Il modello di tipizzazione adottato dal legislatore italiano è infatti il modello unitario che non compie alcuna differenza tra le figure di autore, coautore e complice poiché tutti i contributi vengono trattati in maniera indifferenziata. Pertanto, salvo i contemperamenti previsti dagli artt. 113 e 114 (contributo di minima rilevanza), ogni concorrente nel reato soggiace alla pena per questo stabilita. La punibilità della condotta atipica del concorrente, per una parte della dottrina, sarebbe giustificata dalla circostanza per cui il fatto commesso da quest’ultimo – si ripete non tipizzato e che non costituirebbe di per sé reato – accede al fatto costituente reato commesso dall’autore principale e per tale ragione diventerebbe punibile (teoria dell’accessorietà). Altra teoria che giustifica la punibilità del concorrente è quella dell’innesto dell’art. 110 c.p. sulla norma di parte speciale, operazione per cui si verrebbe a creare una fattispecie tipica in ragione del combinato disposto dell’art.110 c.p. e della norma di parte speciale che prevede il reato. Il concorrente verrebbe in tal caso punito per la nuova fattispecie venutasi a creare.
Reato a concorso necessario e reato a concorso eventuale
[ torna al sommario ]
Alcune volte le norme incriminatrici, delineando la fattispecie, prescrivono che un determinato fatto possa costituire reato solo laddove venga compiuto da un insieme di persone. Altre volte, al contrario, il fatto potrà costituire reato anche laddove venga compiuto singolarmente, essendo solo un’eventualità la partecipazione di altri soggetti. Nel primo caso la norma indicherà un reato a concorso necessario (quale ad esempio un reato associativo o la fattispecie di bigamia o incesto) mentre nel secondo un reato a concorso eventuale.
Reati plurisoggettivi propri e impropri
[ torna al sommario ]
Nei reati a concorso necessario, o plurisoggettivi, si distingue ulteriormente tra reati plurisoggettivi propri e reati plurisoggettivi impropri. Nei primi tutti i concorrenti sono puniti dalla norma, mentre in quelli del secondo tipo solo la condotta di uno dei concorrenti sarà sanzionabile, essendo l’altro agente non punibile.
Concorso del soggetto esterno nel reato a concorso necessario
[ torna al sommario ]
È poi possibile che un soggetto esterno al reato a concorso necessario ovvero un soggetto non punibile perché la sua condotta non è normata nella fattispecie concorsuale necessaria, concorra eventualmente nella suddetta tipologia di reato, qualora con il proprio comportamento abbia rafforzato, agevolato o consolidato il fatto altrui costituente reato.
In tal caso, come in ogni altro reato a concorso eventuale, si applicherà l’art. 110 del codice penale sul quale si innesterà la fattispecie di parte speciale che prevede il reato necessariamente plurisoggettivo.
Elemento soggettivo
[ torna al sommario ]
Il concorrente, però, dovrà essere consapevole delle azioni altrui integranti il reato plurisoggettivo; in particolare dovrà rappresentarsi e volere che il proprio comportamento possa rafforzare la commissione del reato altrui e ancora che in concreto, la propria condotta, abbia contribuito a perpetrare il reato plurisoggettivo altrui.
Tali sono i requisiti soggettivi ed oggettivi perché una azione diversa da quella compiuta dall’esecutore materiale del reato, possa essere addebitata a titolo di concorso anche al partecipe o all’agevolatore.
Il nostro ordinamento, come precedentemente accennato, ha infatti aderito alla natura “unitaria” e non differenziata del reato concorsuale – per cui anche condotte atipiche diverse da quelle poste in essere dall’autore possono essere punite – ma vi è la necessità, quantomeno, che il partecipe sia a conoscenza del fatto costituente reato posto in essere dall’altro o dagli altri soggetti e che con la propria condotta abbia voluto agevolare l’evento delittuoso. Necessario per comminare la sanzione penale sarà inoltre accertare, ex post, che la condotta del concorrente abbia in concreto agevolato la commissione del reato.
Infatti, nel caso in cui il concorrente non sia a conoscenza del fatto posto in essere da altri, difetterebbe uno degli elementi costitutivi del reato, ovvero la colpevolezza, e il punirlo contrasterebbe con il principio costituzionale di cui all’art. 27 Cost.
Inoltre, accertare che la condotta del concorrente abbia in qualche modo agevolato la commissione del reato, sarà necessario per punire solo quelle condotte che, oltre ogni ragionevole dubbio, possano essere considerate quali segmenti che realmente hanno influito sulla verificazione dell’evento; in altri termini è necessario punire solo quelle condotte che abbiano potuto in concreto agevolare materialmente o moralmente la commissione del reato.
Concorso materiale e concorso morale
[ torna al sommario ]
Il concorso materiale è configurabile laddove il concorrente abbia fornito un aiuto materiale – ad esempio fornendo gli strumenti per commettere il reato – all’esecutore.
Il concorso morale si verifica invece qualora il concorrente, pur non ponendo in essere alcuna condotta materiale, abbia comunque esercitato una influenza morale sull’autore indirizzata a consolidarne il proposito criminoso.
Ciò si verifica specialmente – ma non solo – in tutti quei casi in cui il concorrente possa condizionare psichicamente l’esecutore per la considerazione che quest’ultimo ha del primo oppure allorquando tra il concorrente e l’esecutore materiale vi sia un rapporto di subordinazione/sovra-ordinazione.
Concorso anomalo ed elemento soggettivo
[ torna al sommario ]
Sovente accade che il reato voluto da uno dei concorrenti sia diverso da quello poi in concreto realizzato. In tal caso l’art. 116 c.p. attribuisce in maniera “anomala” la responsabilità penale per il fatto in concreto commesso anche a chi voleva quello diverso e lo sanziona in maniera più tenue.
Stando alla lettera della norma, quindi, un soggetto potrebbe rispondere penalmente in qualità di concorrente per un fatto da lui non voluto e imprevedibile, per mero collegamento eziologico tra la propria condotta e l’evento e senza alcuna propria partecipazione psichica. La norma appena citata, pertanto, se applicata alla lettera potrebbe destare sospetti di incostituzionalità perché non rispettosa del principio di colpevolezza per come quest’ultimo deve essere interpretato a seguito delle pronunce della Corte Costituzionale n. 364 e n.1085 del 1988.
L’interpretazione dell’art. 116 c.p. dovrà essere pertanto rispettosa del principio costituzionale suddetto e il concorrente potrà rispondere sì del reato realizzato diverso da quello voluto ma solo allorquando l’evento delittuoso diverso poteva essere da lui preveduto come una delle conseguenze probabili del reato da lui voluto. Occorrerà quindi verificare se da un certa condotta, facendo riferimento alle circostanze soggettive e oggettive esistenti alla commissione del fatto, poteva essere preveduta dal concorrente la “diversa piega” che poteva prendere l’azione delittuosa da lui originariamente voluta.
Desistenza volontaria
[ torna al sommario ]
Una diversa questione si è posta riguardo all’esclusione della responsabilità a titolo di concorso per quel concorrente che desista volontariamente dall’azione. Ebbene, se è vero che la condotta del soggetto è punibile a titolo di concorso quando possa essere considerata un segmento che ha apportato un contributo alla realizzazione dell’evento, allora anche nel caso in cui lui desista è sempre possibile che il contributo precedentemente apportato non venga neutralizzato e pertanto il concorrente potrà essere comunque punito. Diversamente si deve opinare nel caso in cui il soggetto con un “pentimento operoso” riesca a neutralizzare i precedenti effetti della sua azione agevolatrice.
Reati a concorso necessario propri e impropri
[ torna al sommario ]
Si è già detto che i reati a concorso necessario possono essere distinti in propri e impropri. Nei primi la norma punisce entrambi i concorrenti, nei secondi invece la sanzione è prevista solo per uno. Per ciò che concerne i reati plurisoggettivi impropri vi è stato in passato un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale avente a oggetto la questione se il concorrente non punibile per la fattispecie plurisoggettiva sia diversamente punibile a titolo di concorso eventuale ex art. 110 c.p. sul quale va innestata la fattispecie plurisoggettiva impropria. La giurisprudenza prevalente ritiene che il concorrente non punibile per la fattispecie plurisoggettiva impropria possa invece essere punito allorquando con la propria condotta abbia istigato o indotto il soggetto, già punibile per la norma, a commettere il reato. Ovviamente, la possibilità di punire il concorrente ex art. 110 c.p., non punibile in virtù della norma che prevede il reato plurisoggettivo improprio, incontra un limite laddove quest’ultima norma miri a presidiare un bene appartenente al soggetto che dovrebbe istigare l’altro a lederlo.
Il concorso di persone nel reato proprio
[ torna al sommario ]
Ripartizione nota tra i delitti è quella che distingue i reati comuni dai reati propri. È comune il reato che può essere commesso da chiunque, è invece proprio il reato che può essere commesso solo da determinati soggetti qualificati all’interno dell’ordinamento giuridico. Avere una qualifica, sia che essa sia riconosciuta formalmente, sia che il soggetto eserciti di fatto una determinata funzione “qualificata”, lo pone in una particolare relazione con determinati beni giuridici; ed è questo il motivo per cui proprio il soggetto qualificato e non altri può essere in grado di lederlo.
Reati propri esclusivi e non esclusivi
[ torna al sommario ]
Tra i reati propri vanno poi distinti i reati propri esclusivi da quelli non esclusivi. I primi contemplano quei fatti che se commessi dal soggetto non qualificato non costituiscono reato. I secondi si riferiscono a quei fatti che se commessi dal soggetto non qualificato costituiscono sempre reato ma a titolo diverso.
Il concorso dell’estraneo nel reato proprio si atteggia diversamente a seconda che quest’ultimo sia un reato proprio esclusivo o non esclusivo. Nel primo caso il concorrente dovrà infatti essere a conoscenza della qualifica soggettiva dell’intraneo, e ciò in ossequio al principio di colpevolezza, mentre nel secondo caso potrà anche ignorare la qualifica e tuttavia risponderà comunque del reato proprio in concorso con l’intraneo ex art. 117 c.p. e non del diverso reato autonomamente attribuitogli dall’ordinamento. Benché in tal caso il concorrente sia punito in maniera più tenue la norma in questione è sospetta di incostituzionalità per la mancata completa partecipazione psichica dell’estraneo nel reato commesso materialmente dall’intraneo del quale, come detto, l’estraneo non conosce la qualifica. Non a caso parte della dottrina ha affermato che l’art. 117 c.p. è una disposizione che contempla un caso di responsabilità oggettiva e ha insistito perché si legga alla luce dei principi costituzionali e che anche in tal caso si dovrebbe affermare la necessità che l’estraneo sia a conoscenza della qualifica dell’intraneo.
Vi è poi la possibilità che vi sia concorso nel reato proprio anche quando l’esecutore materiale non sia l’intraneo ma l’estraneo. In tal caso si afferma che il concorso dell’estraneo nel reato proprio è ammissibile solo laddove l’intraneo rimanga comunque il “dominus” dell’azione.
Concorso omissivo
[ torna al sommario ]
Il concorso di persone può realizzarsi in forma omissiva ex art. 40 e 110 c.p., qualora vi sia una fonte legale – per alcuni anche qualora un soggetto assuma di fatto determinate posizioni di garanzia – che preveda obblighi in capo a determinati soggetti di impedire l’altrui commissione di reati. In tal caso il cosiddetto garante deve avere il potere e il dovere, prescritto da una fonte legale, di impedire i reati altrui. Deve poi necessariamente sussistere l’elemento soggettivo che può ravvisarsi nella consapevolezza del garante che i soggetti sottoposti alla sua vigilanza stanno commettendo reati (è necessario almeno il dolo eventuale del garante che è possibile dedurre dalla conoscenza che questi aveva di alcuni “campanelli d’allarme” indicativi della commissione del reato). Infine, il concorso omissivo ex art. 40 c.p. è immaginabile solo ove vi sia un evento (in tal caso il reato altrui).
Concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso
[ torna al sommario ]
Particolare interesse ha poi il dibattito relativo al concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, nonché, nell’ambito della stessa associazione, il concorso di chi riveste ruoli apicali per i delitti, cosiddetti eccellenti, perpetrati dagli associati.
In un primo momento la giurisprudenza affermava che perché potesse configurarsi il concorso esterno nel reato associativo, occorreva che l’estraneo, ovvero il soggetto privo dell’affectio societatis e non inserito stabilmente nell’associazione, apportasse un contributo, morale o materiale, che potesse ridare stabilità all’associazione in un momento in cui quest’ultima versasse in uno stato di crisi e di fibrillazione.
Tale indirizzo venne mutato con alcune celebri sentenze (ad es. Mannino) che, abbandonando la “teoria della fibrillazione”, statuirono che il concorso esterno poteva configurarsi ogni volta che l’estraneo – per tale intendendosi il soggetto che non è essenziale e necessario per l’esistenza dell’associazione – sappia della sua esistenza e dei suoi fini, che si rappresenti e voglia apportare un contributo finalizzato al suo consolidamento (elemento soggettivo) e che inoltre il suo contributo abbia in concreto e non solamente in astratto, rafforzato o consolidato l’associazione. La verifica del nesso di condizionamento deve pertanto effettuarsi ex post e cioè deve necessariamente accertarsi che il contributo sia stato concretamente idoneo a rafforzare o consolidare l’associazione. È evidente come la modalità con cui deve essere verificato il rapporto causale risenta molto dei dettami prescritti dalla sentenza Franzese.
Sempre in relazione al concorso esterno in associazione mafiosa occorre fare un cenno al caso in cui l’estraneo sia un politico.
In tal caso deve distinguersi tra il reato che si configura ogni volta che il politico paghi una somma all’associazione mafiosa affinché quest’ultima si prodighi per procacciargli voti, dal reato che potrebbe consumarsi quando l’esponente politico si limiti a promettere all’associazione favori in cambio di voti.
Nel primo caso, sussistente l’elemento soggettivo in capo all’estraneo, non potrebbe non configurarsi il concorso esterno poiché la somma di denaro pagata consolida ed aiuta certamente l’associazione.
Nel secondo caso, invece, il giudice dovrà verificare, ex post, se in concreto la promessa abbia potuto contribuire al rafforzamento dell’associazione anche a livello morale. Cosa che potrebbe verificarsi, ad esempio, laddove il politico promittente sia dotato di una certa caratura e di un certo spessore che renda più sicura e più forte l’associazione in virtù del suddetto legame.
Concorso del capomafia
[ torna al sommario ]
Dibattuto è stato inoltre il problema circa il concorso del capomafia nei delitti di una certa rilevanza commessi dai membri dell’associazione.
Secondo una parte della giurisprudenza, chi nell’ambito dell’associazione riveste una posizione apicale non può non essere partecipe e concorrente in tali delitti poiché deve presumersi che ne abbia contezza e inoltre che abbia acconsentito alla loro commissione.
Tale forma di responsabilità, invero, contrasta con il principio di colpevolezza perché radica in capo al boss una responsabilità oggettiva e solo per la posizione che ricopre.
Per tale motivo, anche in tal caso, deve necessariamente accertarsi che quantomeno il capo mafia sia stato a conoscenza dell’intenzione degli affiliati di commettere il delitto e che abbia – anche con “silenzi significativi” – dato il suo beneplacito.
Alla luce di quanto esposto può quindi concludersi che perché possa aversi incriminazione di un concorrente è necessario che la condotta di quest’ultimo, oltre ad essere connotata da colpevolezza, deve contribuire materialmente o moralmente alla realizzazione dell’evento delittuoso.
Connivenza non punibile
[ torna al sommario ]
Cosa diversa si deve affermare nel caso in cui il comportamento di un soggetto non possa essere considerato quale segmento di condotta che insieme alle altre abbia contribuito all’evento, perché in tal caso si avrà mera connivenza non punibile.
È il caso in cui, ad esempio, un soggetto che non rivesta alcuna posizione di garanzia e pertanto nessun obbligo di impedire il delitto, assista passivamente alla sua perpetrazione.
In tal caso, in genere, si ritiene che il soggetto non possa aver contribuito, nemmeno moralmente, alla realizzazione del delitto altrui, benché, in simili casi, occorrerà verificare tutte le circostanze fattuali e la condotta effettivamente da lui tenuta onde poter accertare che la presenza sul luogo del delitto sia stata assolutamente ininfluente. È infatti possibile che per i rapporti intercorrenti tra l’esecutore materiale e chi assiste passivamente il delitto, non possa escludersi a priori la responsabilità di quest’ultimo per concorso morale. Così come non potrebbe escludersi il concorso laddove il soggetto non si sia limitato ad assistere ma abbia manifestato con gesti la sua approvazione.
Diverso è il caso in cui chi assiste passivamente al delitto è gravato di uno specifico obbligo di garanzia di impedirlo o che abbia comunque una certa qualifica che gli impone di attivarsi.
In casi del genere infatti si ritiene che il comportamento di chi rimane inerte si riverberi necessariamente sulla psiche dell’esecutore materiale che sarà moralmente rinfrancato nella esecuzione del delitto.
Favoreggiamento personale
[ torna al sommario ]
Il concorso di persone nel delitto presuppone che lo stesso sia in corso di esecuzione e che non sia stato consumato. In tale ultimo caso non potrà, generalmente, configurarsi concorso ma, sussistendone i presupposti, il diverso reato di favoreggiamento personale.
L’attività delittuosa di chi non è autore materiale del delitto pertanto può rilevare in maniera diversa a seconda della fase del delitto. È opportuno quindi stabilire se l’’attività del partecipe si inserisca in un momento in cui il delitto sia stato già consumato o sia in corso di esecuzione. In altri termini, per operare la distinzione, è necessario stabilire il tempus commissi delicti per il reato di volta in volta preso in considerazione. A tal fine occorre operare un’analisi sulla natura dell’illecito.
Distinzione dei reati al fine di determinare il momento in cui un reato è stato consumato
[ torna al sommario ]
I reati si distinguono in istantanei e permanenti. Alcuni distinguono i reati permanenti dai reati istantanei a effetti permanenti. Si distinguono ancora i reati permanenti dai reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata e questi ultimi dai reati abituali.
Reati istantanei e permanenti
Nei primi l’azione delittuosa lede istantaneamente – distrugge o mette in pericolo – il bene giuridico. Ne consegue che concorrente potrà essere considerato il soggetto che parteciperà alla condotta in quel momento.
Nei reati permanenti l’azione delittuosa non è in grado di distruggere definitivamente il bene giuridico ma lo comprime e lo offende per tutto il tempo in cui dura l’azione. Il concorrente potrà partecipare all’azione anche laddove questa abbia già da molto tempo avuto inizio.
Reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata
Nei reati a condotta frazionata il reato è consumato già da una singola azione mentre quelle successive comportano una lesione maggiore al bene giuridico protetto dalla norma. Il soggetto che con coscienza e volontà partecipi anche ad una sola condotta sarà considerato concorrente.
Reati abituali
Infine le fattispecie che prevedono i reati abituali richiedono che il soggetto ponga in essere più azioni (reati necessariamente abituali per i quali la giurisprudenza richiede almeno due condotte per la sussistenza del reato) perché il reato possa considerarsi consumato. Concorrente sarà chi partecipa pertanto al numero minimo di condotte richieste dalla fattispecie astratta perché il reato possa dirsi perfezionato.
Qualora invece il reato sia già stato consumato e un soggetto aiuti il colpevole ad eludere le indagini dell’autorità giudiziaria porrà in essere l’azione punita dall’art. 378 c.p.
La norma in questione mira a garantire il corretto esercizio delle indagini atte ad assicurare il colpevole di un delitto alla giustizia e perché nessuno possa intralciarle impunemente.
È un reato presupponente perché vi è la necessità della consumazione di altro reato per il quale l’autorità stia già procedendo.
Secondo una parte della giurisprudenza è un reato di pura condotta e che pertanto può realizzarsi solamente con un comportamento attivo.
Secondo altra giurisprudenza, invece, sarebbe ipotizzabile anche nella forma omissiva ex art. 40 c.p., 378 c.p. In tal caso, tuttavia, occorrerebbe sempre e comunque individuare una fonte legale che imponga un obbligo di garanzia e inoltre indispensabile sarebbe la verificazione di un evento che, invece, l’art. 378 c.p., come accennato, non prevede essendo un reato di pura condotta.
Interessante al riguardo è stata l’opinione dottrinale per cui nel caso di reticenza o silenzio da parte dell’assuntore di droga al quale la polizia giudiziaria abbia chiesto di rivelare il nome dello spacciatore, sarebbe possibile configurare a suo carico il reato di favoreggiamento nella forma omissiva. Secondo questa parte della dottrina, in realtà, nel caso di favoreggiamento personale, un evento vi sarebbe, individuabile nella modifica in melius della posizione del soggetto favorito che avrebbe più chance di sottrarsi all’autorità.
Si è detto che il concorso di persone presuppone che il contributo del soggetto avvenga quando il reato non sia stato ancora consumato ma sia in corso di esecuzione.
In particolare nei reati permanenti il concorso potrà configurarsi solo laddove non sia cessata la permanenza, viceversa, a reato consumato, potrà configurarsi il reato di favoreggiamento.
Reato permanente e favoreggiamento
[ torna al sommario ]
Senonché il punto II dell’art. 378 c.p. sembra contraddire quanto si è appena affermato perché statuisce che “quando il delitto commesso è quello previsto dall’art. 416 bis, si applica, in ogni caso la pena della reclusione non inferiore a due anni.”. In altri termini sembra possa verificarsi l’ipotesi di favoreggiamento personale anche nel caso in cui il reato presupposto sia ancora in corso di esecuzione. E in effetti ciò è quello che accade quando, ad esempio, un soggetto presti assistenza o aiuti a nascondere un ricercato, affiliato di associazione a delinquere non sciolta. Il problema è quindi quello di stabilire una linea di confine tra un possibile concorso esterno in associazione mafiosa ed il reato di favoreggiamento consumato a favore dell’affiliato.
Anche in tal caso una possibile soluzione potrebbe derivare dall’indagine sull’elemento soggettivo che anima chi favorisce e le ripercussioni che la sua condotta abbia avuto in concreto sulla realtà.
Nel caso in cui si accerti che la volontà del soggetto miri solamente a favorire l’affiliato allora dovrà escludersi il suo concorso esterno nel reato associativo. Diversamente deve opinarsi nel caso in cui il soggetto non solo voglia aiutare l’affiliato ma voglia anche agevolare l’intera associazione.
Nel caso in cui ricorra tale seconda ipotesi occorrerà inoltre accertare se la condotta di favoreggiamento abbia avuto concreta rilevanza causale nel rafforzare, consolidare o mantenere in vita l’associazione a delinquere.
comparazione con gli ordinamenti inglese, francese e tedesco
[ torna al sommario ]
Regno Unito (Complicity in crime)
[ torna al sommario ]
Anche l’ordinamento inglese è ispirato al modello unitario e non differenziato del reato commesso in concorso con altre persone (complicity in crime). Si prevede il concorso eventuale nel reato qualora il concorrente, attraverso il proprio comportamento, abbia rafforzato l’intento o l’azione criminosa altrui o abbia contribuito a perpetrare il reato commesso materialmente da altri soggetti. In tal caso il concorrente è considerato responsabile e passibile di sanzione penale parimenti all’autore o agli autori principali (principal o co-principals).
Norma di riferimento è l’art. 8 dell’Accessories and Abettors Act che testualmente dispone: è perseguibile e punibile come l’autore principale (principal offender) chiunque aiuti, istighi, consigli o induca alla commissione di un grave delitto[1] (indictable offence). Il contributo del concorrente può concretizzarsi sia in comportamenti idonei a influenzare psichicamente l’autore del reato rafforzandone il proposito criminoso – in tal caso si avrà concorso morale (moral accessory) – sia fornendo supporto o aiuto materiale all’esecutore, in tal caso si tratterà di concorso materiale (material accessory).
Distinzione tra gli accomplices
Tra i concorrenti (accomplices) alcuni autori compiono una differenziazione, in relazione alla realizzazione del reato concorsuale, tra le distinte figure e le diverse posizioni assunte dall’aider (agevolatore) e dall’abettor (istigatore) da un lato e dall’accessory (complice) dall’altro. Inoltre, tra gli accessories, viene effettuata un’ulteriore distinzione tra accessory before the fact e accessory after the fact. La differenza consisterebbe nel fatto per cui le posizioni dell’abettor e dell’aider si configurerebbero soltanto laddove tali concorrenti diano il contributo essendo gli stessi presenti sul luogo durante la commissione del reato, viceversa l’accessory fornisce il contributo soltanto prima o dopo il perpetrarsi dell’azione criminosa, quindi o nella fase preparatoria o a seguito della consumazione del delitto. Considerando il diverso grado di lesività del contributo partecipativo dell’aider e dell’abettor rispetto a quello dell’accessory ne dovrebbe anche conseguire un diverso trattamento sanzionatorio. In realtà, si ritiene che le distinzioni appena effettuate non abbiano più la rilevanza rivestita in passato. I termini accessory e abettor derivano dal diritto giurisprudenziale inglese che effettuava tale distinzione utilizzandola quale criterio per la valutazione della responsabilità penale e in particolare della colpevolezza. Leggi successive hanno soppresso tali distinzioni e considerano tutti i concorrenti quali autori principali. Non è quindi più necessario individuare il tipo di partecipazione, il “grado della colpa” o di responsabilità di un soggetto in caso di reato concorsuale, compiendo la distinzione ancorata alle figure menzionate ma una volta che la fattispecie concorsuale sia stata consumata, laddove se ne accerti il contributo (assistance), ogni concorrente è punito quale autore principale.[2] Residua la posizione dell’accessory after the fact che tuttavia non è considerato un concorrente ma è sanzionato quale autore di un reato distinto, i cui elementi costitutivi sono molto simili al nostro reato di favoreggiamento. L’autore di tale diverso delitto è punito generalmente in maniera più tenue salvo in caso di reati particolarmente gravi (sedition o treason).
Assisting offender
In relazione a tale ultimo aspetto giova anche ricordare come la categoria dell’accessory after fact sia stata sostituita da una fattispecie di reato – distinta dal reato concorsuale – introdotta dall’art. 4 del Criminal Law Act 1967 e rubricata “assisting offender”. Tale fattispecie corrisponde al nostro reato di favoreggiamento personale previsto dall’art. 378 c.p.[3]
Benché la distinzione tra le varie tipologie di accomplices risulti oggi più sfumata, così come descritto precedentemente, resta comunque il problema dell’attribuzione psichica del reato al concorrente ovvero il problema relativo all’accertamento della sua colpevolezza.
Elemento psichico
Nel diritto inglese, così come accade nel diritto italiano, il reato è imputabile al concorrente soltanto laddove possa rinvenirsi la partecipazione psichica di quest’ultimo ovvero egli dovrà essere conscio delle azioni altrui integranti il reato e dovrà inoltre essere consapevole e rappresentarsi che la propria condotta abbia contribuito concretamente alla perpetrazione del reato effettivamente commesso o di altri e diversi reati, anche se non precedentemente concordati, laddove abbia effettivamente previsto la commissione degli stessi, come probabili o alternativi, tenendo conto del contesto, delle circostanze e della finalità dell’azione delittuosa considerata nel suo complesso. Quanto affermato è stato sancito dalla giurisprudenza inglese nel celebre caso Maxwell del 1978 all’esito dell’ultimo grado di giudizio. La House of Lords pronunciava la sentenza di condanna per l’imputato opinando che un soggetto può essere condannato unicamente quando lo stesso abbia favorito un reato – commesso dall’esecutore materiale – che lui abbia effettivamente previsto. Il concorrente può aver previsto uno o più reati, in quest’ultimo caso egli li ha considerati come alternativi, lasciando la scelta all’esecutore materiale. Il concorrente è in tal caso penalmente responsabile laddove l’autore del reato scelga di commettere un reato che il complice aveva previsto.
In merito al concorso anomalo che, si ricorda, si verifica allorquando la norma incriminatrice attribuisce la responsabilità penale a un concorrente anche se questi voleva originariamente commettere un reato diverso da quello in seguito concretamente realizzato, la giurisprudenza inglese, nel pieno rispetto del principio di colpevolezza, si è più volte pronunciata nel senso di attribuire la responsabilità penale al complice solo laddove venga accertato l’elemento psicologico ovvero quando questi abbia concretamente previsto la possibilità che il concorrente commetta un delitto diverso rispetto a quello originariamente concordato[4].
Francia (complicité)
[ torna al sommario ]
L’ordinamento francese pone, quale presupposto per la punibilità del concorrente, la commissione di un fatto previsto dalla legge come reato al quale il partecipe “accede” aiutando l’autore principale, in maniera cosciente e intenzionale, alla realizzazione dello stesso (teoria dell’accessorietà).
Il concorso di persone nel reato (complicité) è normato dagli articoli 121-6 e 121-7 del code pénal.
Il secondo articolo citato stabilisce al primo comma:“Est complice d’un crime ou d’un délit la personne qui, sciemment, par aide ou assistance, en a facilité la préparation ou la consommation.”
Secondo la disposizione suddetta il concorrente di un crimine o di un delitto è il soggetto che aiuta o che, prestando assistenza, ne facilita la preparazione o la perpetrazione. Dalla lettura della norma appare chiaro che l’aiuto e l’assistenza devono necessariamente concretizzarsi in azioni determinate e non possono consistere in mere omissioni. Può in tal caso riportarsi – così come già proposto nel paragrafo relativo alla disciplina del concorso di persone all’interno dell’ordinamento penale italiano – l’esempio per cui è concorrente chi fornisce gli strumenti per commettere il reato all’autore principale oppure chi fa il palo ovvero vigili affinché non arrivi qualcuno durante una rapina.
La giurisprudenza francese ha tuttavia precisato che in casi determinati è possibile ravvisare il concorso omissivo nel reato commissivo altrui laddove il soggetto – il partecipe – rivesta una posizione di garanzia ovvero un ruolo che gli impone il dovere di attivarsi al fine di impedire la commissione del fatto e che tuttavia non compie la prescritta azione necessaria.
In merito all’elemento soggettivo, sempre il primo comma dell’articolo 121-7 dispone che il concorrente deve aver prestato aiuto o assistenza scientemente (sciemment) al fine di facilitare la preparazione o la realizzazione del fatto criminoso. In altri termini, come precedentemente approfondito, si richiede che il concorrente abbia partecipato all’azione criminosa consapevolmente e intenzionalmente.
Con riguardo al concorso anomalo, generalmente si imputa al concorrente il reato effettivamente realizzato, diverso da quello originariamente voluto, sulla base del dolo indiretto o eventuale (alternativo o indeterminato), in altri termini: il soggetto sarà punibile come concorrente laddove quest’ultimo si sia rappresentato – abbia dunque preso in considerazione – come eventualità e conseguenza delle proprie azioni, l’evento o gli eventi criminosi non voluti e ciononostante abbia accettato il rischio che gli stessi si verificassero.
La disposizione di cui al secondo comma dell’art. 121-7 stabilisce “est également complice la personne qui par don, promesse, menace, ordre, abus d’autorité ou de pouvoir aura provoqué à une infraction ou donné des instructions pour la commettre.”
La norma da ultimo citata fa riferimento alla figura del “provocatore” o “istigatore”, figura assimilabile al concorrente morale nel reato il quale, attraverso dono, promessa, minaccia, ordine, abuso di autorità o di potere abbia effettivamente influenzato o indotto altri a commettere il fatto criminoso o abbia fornito istruzioni ai fini della sua realizzazione.
L’ordinamento francese non effettua distinzioni relativamente alla punibilità tra l’autore principale e complice. Recita infatti l’articolo 121-6 del codice penale “Sera puni comme auteur le complice de l’infraction, au sens de l’article 121-7.” Il complice è quindi punito come autore del reato, vale a dire che questi sarà punito anche laddove l’autore principale non sia punibile a causa del verificarsi di specifiche circostanze (ad es. l’autore principale sia deceduto o non sia imputabile). Inoltre, la pena inflitta al partecipe non deve necessariamente corrispondere alla pena comminata all’autore principale. Quest’ultimo potrebbe essere infatti punito con una pena più grave o viceversa potrebbe beneficiare di un più mite trattamento sanzionatorio rispetto al complice. Quanto appena affermato trova il suo addentellato normativo nella stessa disposizione che si sta esaminando per cui “[…] le complice sera puni comme auteur […]” e non comme l’auteur ovvero allo stesso modo dell’autore.
Infine, sembra ormai superfluo ribadirlo, il contributo del partecipe deve essere antecedente o concomitante all’esecuzione del reato e mai successivo.
Germania (Teilnahme)
[ torna al sommario ]
In tema di concorso di persone nel reato, l’ordinamento penale tedesco compie una distinzione tra correità (Mittäterschaft) e partecipazione (Teilnahme). L’art. 25 dello Strafgesetzbuch (codice penale), rubricato Täterschaft (autoria), punisce come autore chi commette il reato in autonomia o tramite un altro soggetto. Qualora il reato venga commesso da più soggetti collettivamente, ciascuno di essi viene punito come autore. La norma in questione descrive la prima modalità attraverso cui può realizzarsi il concorso di persone. Viene fatto riferimento all’autore principale che può commettere il reato anche servendosi di un altro soggetto (autore mediato). Viene quindi prevista la correità laddove il reato venga commesso da più soggetti. In tal caso i concorrenti sono considerati coautori (Mittäter). Perché possa realizzarsi la correità è necessario dunque che i soggetti commettano il reato unitamente, in relazione all’elemento soggettivo sarà necessario che vi sia stato un comune disegno attraverso il quale ciascun concorrente abbia manifestato la volontà di commettere lo stesso reato. Al coautore sono imputate come proprie le condotte degli altri concorrenti anche laddove i contributi da lui forniti siano atipici e diversi rispetto a quelli in concreto realizzati dagli altri, in ogni caso è necessario che egli abbia agito con la volontà di agevolare la realizzazione del fatto criminoso.
L’art. 26 dello Strafgesetzbuch, rubricato Anstiftung (istigazione), prevede la prima forma di partecipazione (Teilnahme). La disposizione punisce, allo stesso modo dell’autore, l’istigatore ovvero chi ha con coscienza e volontà determinato altri soggetti alla commissione dolosa di un fatto costituente reato doloso. Il successivo articolo 27 Beihilfe (complicità) punisce chi intenzionalmente ha prestato assistenza ad altri per la commissione di un reato connotato dall’elemento soggettivo del dolo. La pena per il concorrente è in tal caso determinata in base a quella prevista per l’autore, ridotta secondo quanto previsto dall’articolo 49, comma 1.
Il seguente articolo 28 prende in considerazione particolari caratteristiche personali proprie dell’autore o del partecipe le quali possono aggravare, mitigare o escludere la pena. In particolare, nel caso in cui l’istigatore o il complice non posseggano le caratteristiche che giustificano la punibilità dell’autore, la pena deve per i primi essere diminuita secondo quanto previsto dal primo comma dell’art. 49. Inoltre, se sussistono particolari caratteristiche personali che aggravano, mitigano o escludono la pena per un concorrente, tali caratteristiche non si estendono agli altri ma valgono unicamente per il concorrente cui sono proprie. L’art. 29 dispone che ogni concorrente è punito secondo la propria colpevolezza, senza avere riguardo della colpevolezza degli altri.
Nel caso in cui un concorrente desista volontariamente dall’azione, l’art. 31 pone, ai fini dell’esclusione della sua responsabilità a titolo di concorso, le seguenti condizioni:
1) rinuncia al tentativo di istigare altri alla commissione del reato ed eliminazione del pericolo, se ancora presente, che l’altro possa commettere il reato;
2) dopo aver manifestato la sua intenzione di commettere il reato, vi rinuncia;
3) dopo aver preso accordi per la commissione di un reato o aver accettato la proposta di altri di commettere un reato, ne impedisce la perpetrazione;
4) qualora il reato venga comunque commesso, senza la partecipazione di chi ha desistito e indipendentemente dalla sua precedente condotta, per escludere la responsabilità del desistente è necessario e sufficiente che quest’ultimo si adoperi volontariamente e seriamente per impedire la realizzazione del fatto.
Fonti
1) G. Fiandaca E. Musco – diritto penale parte generale, Zanichelli, Ed. 2019
2) G. Civello, analisi del leading case Maxwell 1978, dolo di concorso e concorso anomalo (…) – Tratto da L’Ircocervo.it;
3) Accomplice | law | Britannica;
4) A. Grasso – C’è complice e complice (ariannagrasso.com);
5) La praeterintention, tratto da penale.it
6) M. Borghi – Il concorso colposo nel reato colposo e nel reato doloso. Teoria e prassi in Italia e in Germania, tratto da unimi.it;
7) https://www.gesetze-im-internet.de/stgb
[1] Indictable offences sono delitti contrapposti ai reati meno gravi summary offences. La distinzione è soltanto simile a quella tra delitti e contravvenzioni presente nell’ordinamento italiano. Le indictable offences, delitti più gravi, sono sottoposti in primo grado alla giurisdizione della Crown Court mentre le summary offences sono di competenza delle Magistrates’ Courts.
[2] Vedi accomplice – law – Britannica
[3] Così in: analisi del leading case Maxwell 1978 di G. Civello
[4] Cfr., tra gli altri, caso Powell, 1997.